Il dominio marittimo è cruciale per l’ordine economico e la sicurezza globali: oltre il 90% del commercio mondiale per volume viaggia via mare, e gli oceani custodiscono risorse vitali come pesce, idrocarburi sottomarini e rotte di comunicazione internazionale. La cornice giuridica che regola l’uso dei mari è principalmente la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), considerata la “costituzione degli oceani”. Essa definisce i diritti di ogni Stato sulle acque adiacenti (mare territoriale fino a 12 miglia, zona economica esclusiva fino a 200 miglia, piattaforma continentale) e garantisce libertà di navigazione nelle acque internazionali e attraverso stretti strategici. Per decenni, UNCLOS e le istituzioni collegate (come l’Organizzazione Marittima Internazionale) hanno contribuito a un consenso quasi universale sulla governance marittima, permettendo una crescita senza precedenti dei traffici marittimi e un equilibrio nei diritti di sfruttamento delle risorse marine. Tuttavia, negli ultimi anni, le tensioni geopolitiche e la competizione per risorse e posizioni strategiche hanno messo sotto stress questo ordine marittimo. Sempre più spesso, dispute su confini marittimi, isole e diritti di passaggio assumono una valenza strategica, con grandi potenze pronte a sfidare o reinterpretare le norme internazionali a proprio vantaggio. Il risultato è un aumento delle controversie e il rischio di una frammentazione del diritto marittimo in zone d’influenza, con ripercussioni potenzialmente serie per la stabilità globale e per le attività economiche che dipendono da mari liberi e sicuri.
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